Lavoratore italiano all’estero
Il lavoratore può essere inviato all’estero con una delle seguenti forme: trasferta, distacco e trasferimento.
La regolamentazione cambia a seconda che l’invio del lavoratore venga effettuato in un Paese membro oppure in uno Stato extra UE.
Nel primo caso, per l’assunzione, il distacco o il trasferimento di personale italiano da occupare in Paesi appartenenti all’Unione Europea, non è necessaria alcuna autorizzazione da parte del Ministero del lavoro, in quanto si applicano le disposizioni europee della libera circolazione.
Nella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia stata scelta dalle parti, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo lavoro. Il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo.
Più precisamente, la normativa internazionale stabilisce il c.d. principio di territorialità ossia l’obbligo di assicurare i lavoratori dipendenti secondo la normativa del Paese in cui viene resa la prestazione.
Il nuovo regolamento 883/2004, attuato e corretto dai regolamenti n. 987 e n. 988/2009, entrato in vigore il 1.5.2010 prevede, peraltro, la possibilità di mantenere, dal 1.5.2010, il regime previdenziale del Paese di provenienza per 24 mesi, alle seguenti condizioni: l’attività lavorativa nello Stato di destinazione sia svolta per conto del datore di lavoro da cui normalmente dipende e la persona non venga inviata in sostituzione di un lavoratore che è giunto al termine del periodo massimo di 24 mesi.
Nelle ipotesi in cui la durata del distacco inizialmente prevista di ventiquattro mesi debba per particolari esigenze essere prorogata, l’art. 16 del regolamento n. 883/2004 consente agli organismi competenti degli Stati membri interessati (per l’INPS le Direzioni regionali) di stipulare, per alcune persone o categorie di persone, accordi in deroga alle norme e, quindi, di autorizzare un periodo di distacco (previdenziale) di durata superiore al limite ordinario di ventiquattro mesi. I lavoratori inviati in trasferta all’estero (missioni brevi e non distacchi o trasferimenti) rimangono assoggettati alla normativa italiana (rapporto di lavoro, retribuzione, contributi, ritenute fiscali ecc.).
Per le missioni in Paesi esteri, ai lavoratori viene di norma corrisposta (quando non è utilizzato il sistema del rimborso a piè di lista) un’indennità di trasferta estero forfettaria a copertura di vitto, alloggio e spese varie, più il rimborso delle spese sostenute per il viaggio.
Il trattamento fiscale e contributivo è quello individuato dall’art. 51, del D.P.R. 917/1986 come riformulato dal D.Lgs. 314/1997, vale a dire esente fino a euro 77,47/giorno, ridotte a 1/3 in caso di rimborso o fornitura gratuita del vitto o dell’alloggio ovvero di 2/3 in caso di rimborso o fornitura gratuita del vitto e dell’alloggio. Le trasferte all’estero, sia in ambito comunitario sia in ambito extra unione europea (paesi convenzionati e non convenzionati), devono essere comunicate all’Istituto solo se i lavoratori interessati si trovino ad essere esposti a rischi non connessi con le lavorazioni per le quali risultino gia assicurati. La stessa nota precisa, infine, che il distacco del lavoratore deve essere comunicato (attraverso la procedura telematica) al competente centro per l’impiego (tempo 5 giorni). Per la funzione pruriefficace della predetta comunicazione le informazioni in essa contenute saranno trasferite automaticamente anche all’INAIL.
Un lavoratore può essere assunto per essere distaccato, pertanto l’inizio del distacco coincide con la data di assunzione; tuttavia, ciò è consentito solo se detto lavoratore risulta essere già stato soggetto alla legislazione dello Stato in cui il datore di lavoro ha la propria sede. Tale ultima condizione si ritiene soddisfatta se il lavoratore, prima dell’assunzione finalizzata al distacco, risulti iscritto al regime assicurativo dello Stato membro di provenienza da almeno un mese.
Per mantenere le coperture assicurative in Italia, durante il periodo di distacco, occorre richiedere agli istituti competenti i formulari A1, distinti per categoria di lavoratore, disponibili nell’area modulistica del sito intranet, per gli operatori interni, e nell’area modulistica/Unione Europea del sito internet dell’Istituto (www.inps.it), per gli utenti esterni. Le domande di distacco relative ai lavoratori subordinati possono essere presentate solo dai datori di lavoro o dai soggetti delegati da questi ultimi alla gestione delle posizioni contributive (rappresentanti legali o consulenti del lavoro).
Ai fini del rilascio del formulario A1, occorre prendere in considerazione una serie di elementi, quali: il luogo in cui è ubicata l’amministrazione dell’impresa, l’entità del personale amministrativo che lavora in Italia e quello nel paese di distacco, il luogo in cui viene conclusa la maggior parte dei contratti con i clienti, la legislazione applicata ai contratti stipulati (sia con i lavoratori sia con i clienti) e il fatturato realizzato nel corso di un determinato periodo (sia in Italia sia nello stato in cui i lavoratori vengono distaccati).
Se i predetti elementi assumono un peso preponderante in uno stato diverso da quello in cui ha sede l’impresa (esempio in Italia), non potrà essere rilasciato (esempio dall’INPS) a tale impresa il formulario A1 per i lavoratori nello stato in cui si svolge la maggior parte della sua attività.
L’INPS (circ. 83/2010) ha precisato che l’applicabilità delle norme sul distacco deve essere esclusa quando:
- l’impresa presso cui il lavoratore è distaccato mette il lavoratore a disposizione di un’altra impresa nello Stato membro in cui essa è situata (es. l’impresa A, con sede in Italia, distacca il lavoratore presso l’impresa B, con sede in Francia, l’impresa B mette il lavoratore a disposizione dell’impresa C che ha sede in Francia);
- l’impresa presso cui il lavoratore è distaccato mette il lavoratore a disposizione di un’altra impresa situata in un altro Stato membro (es. l’impresa A, con sede in Italia, distacca il lavoratore presso l’impresa B, con sede in Francia, l’impresa B mette il lavoratore a disposizione dell’impresa C che ha sede in Belgio);
- il lavoratore viene assunto in uno Stato membro da un’impresa che ha sede in un secondo Stato membro per essere inviato presso un’impresa che ha sede in un terzo Stato membro (es. Lavoratore assunto in Italia da un’impresa che ha sede in Francia per essere distaccato presso un’impresa che ha sede in Germania);
- il lavoratore assunto in uno Stato membro da un’impresa situata in un secondo Stato membro viene distaccato per andare a svolgere un’attività nel primo Stato membro (es. lavoratore assunto in Italia da una impresa che ha sede in Francia per essere distaccato in Italia);
Il rientro del lavoratore nello Stato di provenienza prima del termine previsto (indicato nel mod. A1) comporta l’interruzione del distacco e il lavoratore e/o il datore di lavoro devono informare l’istituzione competente dello Stato membro di provenienza della cessazione anticipata. Analogamente, nel caso in cui il lavoratore durante il periodo di distacco venga assegnato o trasferito a un’altra impresa nello Stato di provenienza, la variazione deve essere portata a conoscenza dell’istituzione competente di detto Stato.
Dall’1.7.2013 i datori di lavoro, intermediari e lavoratori autonomi sono tenuti a richiedere il documento PD DA (documento destinato ad un assicurato che si sposta verso, risiede o soggiorna in uno Stato membro dell’U.E. diverso da quello in cui è assicurato contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) attraverso la procedura informatizzata disponibile nel Portale INAIL www.inail.it.
Durante il periodo di distacco, rientrante nei limiti di eccezione al principio di territorialità di cui sopra, permane per il datore di lavoro (e per il lavoratore) l’obbligo di versare la normale contribuzione agli istituti previdenziali e assistenziali italiani, come se si trattasse di attività svolta in Italia.
Con le modifiche all’art. 51, del D.P.R. 917/1986 e all’art. 23 del D.P.R. 600/1973 apportate dall’art. 36 della L. 342/2000, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi è determinato, dall’1.1.2001, in deroga alle disposizioni contenute nell’art. 51, commi da 1 a 8, sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente ai fini contributivi dal Ministero del lavoro, a norma della legge 398/1987.
Come ricordato sopra a decorrere dal 24 settembre 2015 per assumere, distaccare o trasferire lavoratori italiani all’estero in paese extra unione Europea non è più obbligatorio richiedere la preventiva autorizzazione al Ministero del lavoro (con copia al Ministero degli esteri a alla DRL, ora ITL). Conseguentemente, dalla già menzionata data si osserveranno le procedure ordinarie del collocamento oltre ad osservare le regole dei singoli paesi per il rilascio del visto d’ingresso.
A seguito della sentenza della Corte cost. 369/1985, la copertura assicurativa per i lavoratori italiani operanti all’estero in Paesi extra Unione Europea con i quali non vigono accordi di sicurezza sociale è stata regolamentata dalla legge 398/1987.
I datori di lavoro, che occupano lavoratori all’estero per paesi extra U.E., devono obbligatoriamente assicurare i propri dipendenti (per il personale in trasferta) alle seguenti forme di previdenza e assistenza sociale (art. 1, L. 398/1987): assicurazione per l’IVS; assicurazione contro la disoccupazione (NASPI); assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali; assicurazione contro le malattie; assicurazione di maternità e fondo garanzia TFR (legge 297/82).
In caso di invio in Paesi extraUE che hanno stipulato convenzioni totali, si applicano le disposizioni illustrate per i Paesi dell’Unione Europea con le seguenti precisazioni: a) il periodo nel quale è applicabile l’eccezione al principio della territorialità va rilevato dalle singole convenzioni; b) i formulari da utilizzare sono stabiliti dalle singole convenzioni (ove non previsti si utilizzano quelli U.E.).
Invece il caso di convenzioni parziali vale quanto detto per le convenzioni totali con le seguenti precisazioni riguardanti le coperture assicurative e i relativi contributi: a) istituti assicurativi convenzionati: obbligo di versare la contribuzione, come se si trattasse di attività svolta in Italia; b) istituti assicurativi non convenzionati: si applicano le norme introdotte dalla legge 398/1987.