La Legge n. 162/2021 ha modificato il Codice delle pari opportunità, ampliando il numero di datori di lavoro tenuti alla redazione del rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile.
Parità di Genere nel mondo del lavoro: modificato il Decreto Legislativo 198/2006
Il Legislatore, con l’intento di favorire l’accesso delle donne nel mondo del lavoro e il superamento delle differenze di genere nel contesto lavorativo, è intervenuto nuovamente sulle disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna, modificando il D.lgs. 198/2006.
Nozione di discriminazione diretta e indiretta nel lavoro
In proposito, un primo intervento da segnalare riguarda la modifica delle nozioni di discriminazione diretta e indiretta in ambito lavorativo.
Discriminazione diretta
Quanto alla nozione di discriminazione diretta, si prevede che la stessa possa essere ravvisata, e quindi costituisca un comportamento illecito, anche in fase di selezione del personale e riguardi, quindi, le candidate e i candidati. Si ricorda, in proposito, che costituisce discriminazione diretta qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole, discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso, e, comunque, un trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga. A fronte della modifica legislativa, sarà possibile quindi ravvisare una discriminazione diretta anche in fase di selezione del personale, laddove siano compiuti atti discriminatori in base al sesso dei candidati.
Discriminazione indiretta
Anche la configurabilità e la conseguente punibilità di una discriminazione indiretta viene estesa alla fase di selezione del personale. Non solo, ma si prevede che la discriminazione indiretta può riguardare anche un aspetto di natura organizzativa o incidente sull’orario di lavoro. Per discriminazione indiretta si intende una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri che mettano o possano mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che tali atti o comportamenti riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.
Condizioni di discriminazione
Gli interventi volti a chiarire e ad ampliare il concetto di discriminazione non finiscono qui. Infatti, la norma modificata stabilisce che costituisce in ogni caso discriminazione ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità (anche adottive) o in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, ponga o possa porre il lavoratore in alcune situazioni specificamente individuate dal Legislatore. In particolare, le condizioni indicative di una discriminazione sono le seguenti: posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori; limitazione delle opportunità di
partecipazione alla vita o alle scelte aziendali; limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.
Certificazione della parità di genere
Oltre ad ampliare e meglio specificare il concetto di discriminazione, la L. 162/2021 ha previsto l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2022, della certificazione della parità di genere che attesta le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario uomo donna in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri definire con uno o più decreti i parametri minimi per il conseguimento della certificazione di parità di genere, con riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche con riguardo ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di gravidanza
Certificazione di genere: esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro
Per l’anno 2022, alle aziende private che sono in possesso certificazione della parità di genere, è riconosciuta la concessione, nel limite di 50 milioni di euro, di un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L’esonero è determinato in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda, riparametrato e applicato su base mensile. Sono attesi il decreto attuativo nonché i successivi provvedimenti di prassi necessari ad applicare la disposizione.
Alle aziende private che, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, risultano essere in possesso della certificazione della parità di genere è riconosciuto anche un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.
Si prevede inoltre che compatibilmente con il diritto dell’Unione Europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al possesso da parte delle aziende private, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, della certificazione della parità di genere.
Rapporto periodico sulla situazione del personale maschile e femminile in azienda
Un’ultima modifica con un rilevante impatto sugli adempimenti relativi all’amministrazione del personale riguarda il rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile nelle aziende. La norma in commento ha infatti modificato l’art. 46 del D.lgs. 198/2006 prevedendo che l’obbligo di redigere il rapporto riguarda, dall’entrata in vigore della medesima disposizione, le aziende con oltre 50 dipendenti e non più solo quelle che superano i 100 dipendenti. Il rapporto è redatto in modalità esclusivamente telematica, utilizzando il modello pubblicato sul sito internet del Ministero del lavoro e trasmesso alle RSA.
La norma disciplina anche l’impianto sanzionatorio applicato in caso di inadempimento all’obbligo di trasmissione del rapporto. La Legge n. 162/2021 non ha modificato il Decreto interministeriale 3 maggio 2018, conseguentemente il termine di trasmissione del rapporto biennale rimane confermato al 30 aprile dell’anno successivo alla scadenza di ciascun biennio (fatte salve eventuali proroghe
concesse). Il prossimo invio, che interessa quindi anche i nuovi destinatari, deve essere effettuato entro il 30 aprile 2022.
Per le aziende che occupano fino a 50 dipendenti la redazione del rapporto è su base volontaria.
Scopri gli altri articoli nel blog Paghe.io .