Il Decreto Legge 24/2023 (In G.U. n. 63/2023), attuando la direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, relativa al whistleblowing e alla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e delle disposizioni normative nazionali, ha previsto che tra i segnalanti che vanno tutelati vi sono anche le persone aventi la qualifica di “lavoratori”.
Rientrano nel concetto di lavoratori non solo coloro che risultano titolari di contratti atipici (come ad esempio il contratto part time e il contratto a termine) ma anche chi ha un contratto o un rapporto di lavoro con un’agenzia di somministrazione, inclusi i tirocinanti e i volontari.
Le norme tutelano inoltre i lavoratori autonomi, i consulenti, i subappaltatori e i fornitori, così come gli azionisti e le persone negli organi direttivi.
Va detto che le misure di protezione sono estese anche ai c.d. facilitatori, intesi questi come coloro che assistono “una persona segnalante nel processo di segnalazione in un contesto lavorativo e la cui assistenza deve essere riservata”, ai terzi connessi con le persone segnalanti, quali ad esempio colleghi o familiari, e ai soggetti giuridici collegati al segnalante.
Le aziende con una media, nell’ultimo anno, di almeno 250 dipendenti, devono adeguarsi alle nuove disposizioni entro il prossimo 15 luglio, mentre quelle con un organico inferiore, in ogni caso superiore a 50, hanno tempo fino al 17 dicembre 2023.
I datori di lavoro obbligati
Entrando nel dettaglio, in ambito privato, le disposizioni normative trovano applicazione nei confronti di:
- soggetti che hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato.
- soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione di cui alle parti I.B e II dell’allegato (in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, tutela dell’ambiente e sicurezza dei trasporti), anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di lavoratori subordinati di cui sopra.
- soggetti diversi da quelli sopra citati che rientrano nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (ossia soggetti con funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione), e adottano modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, anche se nell’ultimo anno non hanno raggiunto la media di almeno 50 lavoratori subordinati.
Chi deve essere tutelato per il whistleblowing
Nel settore privato le disposizioni del decreto si applicano alle seguenti persone che segnalano, denunciano all’autorità giudiziaria o contabile o divulgano pubblicamente informazioni sulle violazioni di cui sono venute a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo:
- i lavoratori subordinati di soggetti del settore privato (contratti stipulati ai sensi del D.lgs. 81/2015) inclusi i lavoratori occasionali (art. 54 -bis del DL 50/2017;
- i titolari di un rapporto di collaborazione (art. 409 c.p.c. e art. 2 del D.lgs. 81/2015);
- i lavoratori o i collaboratori che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi;
- i liberi professionisti e i consulenti;
- i volontari e i tirocinanti, retribuiti e non retribuiti;
- gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza.
La tutela delle persone segnalanti si applica anche qualora la segnalazione, la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o la divulgazione pubblica di informazioni avvenga nei seguenti casi:
- quando il rapporto giuridico non è ancora iniziato, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali;
- durante il periodo di prova;
- successivamente allo scioglimento del rapporto giuridico se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto stesso.
La segnalazione interna dell’illecito
I datori di lavoro obbligati ad adottare le misure di prevenzione devono prima di tutto sentire le rappresentanze o le organizzazioni sindacali (di cui all’art. 51 del D.lgs. 81/2015) al fine di attivare canali di segnalazione, che garantiscono, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
L’azienda dovrà anche affidare la gestione del canale di segnalazione a una persona o a un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato ovvero ricorrere ad un soggetto esterno, anch’esso autonomo e con personale specificamente formato.
Le segnalazioni sono effettuate in forma scritta, anche con modalità informatiche, oppure in forma orale (es: linee telefoniche o sistemi di messaggistica vocale ovvero mediante un incontro diretto).
Se la segnalazione interna viene presentata ad un soggetto diverso da quello autorizzato, deve essere trasmessa, entro sette giorni dal suo ricevimento, al soggetto competente, dando contestuale notizia della trasmissione alla persona segnalante.
I datori di lavoro che hanno un proprio sito internet possono pubblicare le informazioni anche in una sezione dedicata dello stesso.
Il canale esterno di segnalazione dell’illecito
Il segnalatore dell’illecito può anche ricorrere ad un canale esterno per effettuare la segnalazione. Ciò può avvenire quando ricorrono queste condizioni:
- non è prevista, nell’ambito del suo contesto lavorativo, l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, anche se attivato, non è conforme ai requisiti previsti dalla norma;
- la persona segnalante ha già effettuato una segnalazione interna e la stessa non ha avuto seguito;
- la persona segnalante ha fondati motivi di ritenere che, se effettuasse una segnalazione interna, alla stessa non sarebbe dato efficace seguito ovvero che la stessa segnalazione possa determinare il rischio di ritorsione;
- la persona segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.
Il canale di segnalazione esterna viene attivato dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che deve garantire, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
Come le segnalazioni interne, anche quelle esterne possono essere effettuate in forma scritta tramite la piattaforma informatica, in forma orale oppure mediante un incontro diretto.
Se la segnalazione esterna viene inoltrata ad un soggetto esterno all’ANAC, lo stesso deve essere trasmesso a quest’ultima, entro sette giorni dalla data del suo ricevimento, dando contestuale notizia della trasmissione alla persona segnalante.
La conservazione delle segnalazioni di illecito
La segnalazione (inclusa la relativa documentazione) è conservata per il tempo necessario al trattamento della stessa e comunque non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura, nel rispetto degli obblighi di riservatezza.
Nel caso in cui la segnalazione viene resa a mezzo di una linea telefonica registrata o un altro sistema di messaggistica vocale registrato, la stessa deve essere documentata a cura del personale addetto mediante registrazione su un dispositivo idoneo alla conservazione e all’ascolto oppure mediante trascrizione integrale. In caso di trascrizione, la persona segnalante può verificare, rettificare o confermare il contenuto della trascrizione mediante la propria sottoscrizione.
Invece, se si effettua con una linea telefonica non registrata o un altro sistema di messaggistica vocale non registrato, la segnalazione è documentata per iscritto mediante resoconto dettagliato della conversazione a cura del personale addetto.
Ritorsioni e sistema sanzionatorio
L’ANAC informa l’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, se rileva ritorsioni commesse nel contesto lavorativo da parte di un datore di lavoro privato.
Se un lavoratore è stato licenziato per aver segnalato un illecito ha diritto a essere reintegrato nel posto di lavoro.
Riguardo al regime sanzionatorio, il provvedimento legislativo prevede che l’ANAC applichi al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza.
La medesima sanzione trova applicazione anche quando viene accertato che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero che l’adozione di tali procedure non è conforme a quelle previste dal decreto, nonché quando si accerta che non è stata svolta l’attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute.
Infine la sanzione amministrativa pecuniaria va da 500 a 2.500 euro, quando vengono accertate altre violazioni collegate alla segnalazione, a meno che il segnalante sia stata condannato, anche in primo grado, per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.Se pensi di aver bisogno di un consulente del lavoro visita il sito di Paghe.io.
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