Malattia professionale
Nell’attuale sistema delle malattie professionali (sia nell’industria che nel settore agricolo) a seguito delle sentenze n. 179/88 e 206/88 della Corte costituzionale, per malattie professionali devono intendersi sia quelle tassativamente elencate dalla legge, contratte nelle lavorazioni indicate (malattia professionale tabellata), sia quelle non espressamente elencate, ma di precisa origine professionale (malattia professionale non tabellata).
In qualsiasi caso di malattia professionale (tabellata o non) occorre che si determinino le seguenti circostanze affinché sia riconosciuta l’origine professionale della malattia:
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- senza fornire alcuna motivazione la malattia deve essere stata contratta a seguito dell’esposizione al rischio specifico determinato dalle lavorazioni assicurate (artt. 1, 206, 207 e 208 D.P.R. 1124/65);
- il lavoratore deve essere persona assicurata contro gli infortuni e le malattie professionali (artt. 4 e 205 D.P.R. 1124/65);
- deve sussistere un rapporto causale diretto ed efficiente tra l’origine professionale e la malattia, a differenza dell’infortunio, per la cui esistenza è sufficiente un rapporto occasionale con il lavoro;
- la malattia deve rappresentare l’effetto di una graduale e progressiva azione causata dai fattori professionali; altrimenti si ha infortunio sul lavoro o malattia comune.
Il Ministero del lavoro ha approvato (D.M. 9.4.2008) il nuovo elenco delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura (che sostituisce il precedente approvato con D.M. 13.4.1994) che danno diritto all’indennizzo qualora denunciate entro il termine massimo indennizzabile variabile da una malattia all’altra. In ogni caso quando l’esposizione determina l’insorgere di carcinoma il periodo indennizzabile è illimitato.
Malattie non tabellate – In questo caso l’INAIL ha fornito delle linee guida (circ. n. 38 del 16.7.1992) da cui si può ricavare quali siano le malattie non tabellate che, a determinate condizioni, possono essere riconosciute come malattie professionali dall’INAIL.
Tra le malattie professionali, rientra il mobbing, inteso come disturbo psichico del lavoratore derivato da situazioni di costrittività organizzativa sul luogo di lavoro.
L’INAIL ha emanato alcune linee guida per il riconoscimento di tali forme di mobbing come malattia professionale indennizzabile nell’ambito del cosiddetto danno biologico (INAIL, circ. n. 71, 17.12.2003); la circolare è stata annullata dalla sentenza del TAR del Lazio 4 luglio 2005, n. 5454. Per la Cassazione n. 4774, 6.3.2006, il mobbing consiste in una condotta sistematica e protratta nel tempo che si realizza in una lesione all’integrità psicofisica e alla personalità morale del lavoratore violando l’art. 2087 del Codice Civile. Tale condotta illecita può realizzarsi mediante comportamenti materiali o provvedimenti del datore di lavoro indipendentemente dall’inadempimento a specifici obblighi contrattuali previsti dal rapporto di lavoro.
Il comportamento del datore di lavoro o del superiore gerarchico del lavoratore per configurarsi come mobbing è necessario che la condotta nei confronti del dipendente risulti prevaricatrice e vessatoria e non semplicemente di continua conflittualità sulle modalità della prestazione lavorativa (Cass. 3785/2009).
L’accertamento del mobbing comporta l’obbligo a carico del responsabile di risarcire i danni sofferti.
Infatti nell’ipotesi di mobbing basato su una mirata reiterazione di una pluralità di atteggiamenti, anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, non è possibile individuare la violazione di una specifica norma penale (Cass. 33264/2007).