Mutamento di mansioni
La legge riconosce al datore di lavoro, nell’ambito di suoi poteri organizzativi, la possibilità di cambiare le mansioni assegnate entro precisi limiti, che fino al 24.6.2015 erano:
- l’equivalenza delle nuove mansioni con le precedenti;
- l’irriducibilità della retribuzione.
Il potere di mutare le mansioni non è giustificato se segue direttamente ad una contestazione disciplinare, quando cioè assume i connotati di una sanzione disciplinare. Dal 25 giugno 2015 in base all’art. 3, D.Lgs. 81/2015 il potere di variare le mansioni è articolato come di seguito indicato.
Anche se la legge non prevede più l’obbligo di assegnare a mansioni equivalenti, quest’ultimo concetto è adottato in diversi casi dalla legge o dalla giurisprudenza (come nel caso di licenziamento per gmo). Secondo la Cassazione sono equivalenti le mansioni che consentono l’utilizzazione e il perfezionamento del bagaglio di nozioni, esperienze e perizia acquisito nella precedente fase del rapporto, senza che le nuove mansioni siano identiche alle precedenti.
L’equivalenza va accertata anche contro le previsioni del CCNL: se le nuove mansioni sono comprese nel livello contrattuale già attribuito al lavoratore in precedenza, si ha violazione del divieto di mutamento in pejus se le stesse in concreto compromettono la competenza e la professionalità acquisita.
L’assegnazione a mansioni inferiori può avvenire nei seguenti casi e con i limiti indicati (art. 2103 cod. civ.):
- unilateralmente da parte del datore di lavoro purché in mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte;
- unilateralmente da parte del datore di lavoro: in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale;
- da parte dei contratti collettivi anche di 2° livello: ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta.
L’assegnazione alla mansione superiore diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, qualora la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi (art. 2013 c.c.).