Parità uomo donna
Il Dlgs 198/2006 vieta ogni discriminazione basata sul sesso nell’accesso al lavoro anche autonomo e in qualsiasi altra forma oppure a iniziative di formazione, orientamento e selezione professionale.
Costituisce discriminazione qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta i lavoratori e le lavoratrici in ragione del sesso e comunque il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga (art. 25, D.Lgs. n. 198/2006). Costituisce discriminazione inoltre (D.Lgs. n. 5/2010):
- ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti;
- i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti molestatori.
Per discriminazione indiretta deve intendersi ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri che:
- svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori dell’uno o dell’altro sesso
- riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento del rapporto di lavoro.
Sono discriminazioni indirette gli atti datoriali di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro che, modificando l’organizzazione delle condizioni e il tempo di lavoro, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni (art. 25 D.Lgs. 198/2006 – L. 162/2021):
- posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori
- limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali
- limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.
Sono inoltre considerate discriminazioni:
- le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo;
- le molestie sessuali espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Sono ammesse deroghe al divieto in relazione a mansioni particolarmente pesanti individuate dalla contrattazione collettiva e quindi l’assunzione di personale esclusivamente maschile per queste mansioni devono essere suffragate da un accordo collettivo.
Altra deroga è ammessa nel caso di assunzione in base al sesso nel settore della moda, dell’arte e dello spettacolo, quando sia essenziale alla natura del lavoro o della prestazione.
È vietata inoltre qualsiasi discriminazione, diretta e indiretta, concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni, per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale (art. 28, D.lgs. 198/2006).
Il datore di lavoro non può discriminare donne da uomini nell’attribuzione di mansioni e qualifiche e nella progressione della carriera.
A norma dell’art. 11 del D.lgs. 66/2003, è vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
Il lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente prestato:
- dalla lavoratrice madre di un figlio con meno di 3 anni (in alternativa dal padre lavoratore)
- dalla lavoratrice (o dal lavoratore) unico genitore affidatario di un figlio convivente con meno di 12 anni
- dalla lavoratrice (o dal lavoratore) che abbia a proprio carico un soggetto disabile (a norma della legge 104/1992).
Il D.lgs. 5/2010 ha parificato la situazione pensionabile tra uomini e donne stabilendo che le lavoratrici in possesso dei requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia hanno diritto di proseguire il rapporto di lavoro fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative regolamentari e contrattuali.
Nei fondi pensione è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta, per quanto riguarda (art. 30-bis, D.Lgs. 198/2006):
- il campo d’applicazione e relative condizioni d’accesso;
- l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi;
- il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni.