Patto di prova
La stipulazione del contratto di lavoro può prevedere lo svolgimento di un periodo di prova durante il quale le parti possono recedere senza l’obbligo del preavviso o d’indennità (art. 2096 c.c.).
Durante lo svolgimento della prova, il datore di lavoro e il lavoratore sono tenuti a consentire e ad effettuare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova medesimo.
Durante lo svolgimento della prova, il datore di lavoro e il lavoratore sono tenuti a consentire e ad effettuare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova medesimo.
Il patto di prova può essere stipulato anche nell’ambito del contratto a termine, di inserimento, di un contratto con un soggetto assunto obbligatoriamente.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 3 novembre 2014, n. 23381, ha stabilito che il datore di lavoro che stipula con lo stesso lavoratore due differenti contratti di lavoro, può legittimamente inserire due volte il patto di prova anche se le mansioni a cui è assegnato il dipendente rimangono le stesse.
Ci è possibile quando il patto di prova è stato inserito nel secondo contratto di lavoro per soddisfare esigenze di valutazione relative alle attitudini personali e non solo professionali del dipendente.
In mancanza della forma scritta del patto di prova occorre ricordare che:
- in mancanza di forma scritta si determina la nullità del patto di prova e l’immediata conversione automatica del rapporto in rapporto definitivo;
- se la prova viene stipulata dopo l’instaurazione del rapporto l’accordo è nullo e il contratto diviene definitivo;
- non è ammessa la successiva documentazione della clausola orale mediante la sottoscrizione di una delle parti in origine mancante;
- la regola della forma scritta non può essere derogata dai contratti collettivi;
- non integra stipulazione valida di un patto di prova la comunicazione unilaterale del datore di lavoro in cui manifesti l’intenzione di assumere il lavoratore previo periodo di prova;
Il lavoratore può chiedere la nullità del patto di prova e di conseguenza del recesso, senza essere assoggettato al termine per l’impugnazione del licenziamento in caso di vizi “genetici “se:
- dimostra il positivo superamento della prova;
- dimostra che il recesso è dettato da motivi estranei alla valutazione professionale del lavoratore;
- dimostra di avere già svolto con lo stesso datore di lavoro un precedente rapporto di lavoro;
- è stato licenziato per mancato superamento della prova intimato dopo la scadenza del periodo di
- prova previsto dal contratto collettivo;
- prova di avere svolto mansioni diverse da quelle concordate nel patto di prova.