Permessi per allattamento
La lavoratrice ha diritto, entro il primo anno di età del bambino, a due ore giornaliere di riposo (anche cumulabili) ovvero a un’ora se l’orario di lavoro è inferiore a 6 ore.
Per i dirigenti, per quanto concerne i riposi giornalieri, vanno applicati i criteri e le modalità previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti dal D.Lgs. 151/2001, tenendo conto che, ai fini della determinazione dei periodi di riposo giornalieri e della relativa indennità, nel caso in cui la contrattazione individuale o collettiva non preveda espressamente la durata della prestazione lavorativa del/la dirigente (come normalmente accade), l’orario lavorativo da prendere a riferimento è quello in vigore per gli impiegati di massima categoria dipendenti dall’azienda cui il dirigente appartiene.
L’art. 8 del D. Lgs. 151/2001, vieta di adibire le donne che allattano ad attività comportanti un rischio di contaminazione da radiazioni ionizzanti. A tale proposito, il Ministero del lavoro (nota 10819, 4.8.2008), ha precisato che l’interdizione dal lavoro può essere disposta quando interviene l’effettivo all’allattamento del bambino e sussiste l’impossibilità di assegnare la lavoratrice ad altre mansioni.
L’art. 13 della legge 53/2000 prevede la possibilità per il padre lavoratore di fruire dei riposi in argomento con diritto al relativo trattamento economico: in caso in cui i figli siano affidati al solo padre; in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; in caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente.
I permessi possono essere goduti dal padre lavoratore senza eccezioni e indipendentemente dalla sussistenza di comprovate situazioni che determinano l’oggettiva impossibilità della madre stessa di accudire il bambino.
Nel caso in cui la madre sia lavoratrice autonoma, il padre lavoratore dipendente può fruire dei riposi di cui all’art. 40 del D.Lgs. 151/2001 dalla nascita o dall’ingresso in famiglia/Italia in caso di adozioni o affidamenti nazionali o internazionali del minore, a prescindere dalla fruizione dell’indennità di maternità della madre lavoratrice autonoma.
Il padre non può utilizzare i predetti riposi, nei seguenti casi:
- durante il congedo parentale della madre (per il medesimo figlio, conseguentemente se la madre è in congedo per il secondo figlio, il padre può godere dei permessi per il primo figlio);
- nei casi in cui la madre non si avvale dei riposi in quanto assente dal lavoro per cause che determinano una sospensione del rapporto di lavoro (es.: aspettative o permessi non retribuiti, pause lavorative previste nei contratti a part time verticale di tipo settimanale, mensile, annuale);
- quando la madre non è lavoratrice.
In caso di parto plurimo i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre.
I riposi per allattamento sono riconoscibili anche quando la somma delle ore di recupero e delle stesse ore di allattamento esauriscono l’intero orario giornaliero di lavoro comportando di fatto la totale astensione dall’attività lavorativa.
Risulta possibile cumulare i permessi per allattamento con quelli per i portatori di handicap.
Se la lavoratrice gode dei permessi per allattamento durante la fruizione dell’assegno di solidarietà erogato dal FIS, per le ore di assenza che si collocano in orario lavorativo spetta l’indennità per conto INPS con riferimento all’intera retribuzione, mentre per le ore ridotte in regime di solidarietà compete l’ammortizzatore sociale.
La sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 46 del T.U. maternità non trova applicazione nei confronti del datore di lavoro nel caso in cui la lavoratrice, dopo aver richiesto di voler fruire dei riposi per allattamento previsti dall’art. 39, D.lgs. 151/2001, in modo spontaneo e per esigenze personale decide di rinunciarvi. Infatti, a differenza del congedo di maternità la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il diritto ai riposi orari. Solo se la lavoratrice decida di esercitarlo e il datore di lavoro non le consenta il godimento troverà applicazione la prevista sanzione amministrativa.
A tal fine la rinuncia deve essere giustificata da ragioni che rispondono in modo inequivocabile ad un interesse della lavoratrice.