Maternità flessibile senza certificato all’INPS

24 Novembre 2022

Il diritto della lavoratrice madre al congedo di maternità per cinque mesi non è disponibile. Ne consegue che se la lavoratrice ha richiesto il congedo flessibile e ha continuato a prestare servizio nell’ottavo mese di gravidanza senza trasmettere la certificazione medica di assenza di rischio, ha comunque diritto ad essere retribuita dal datore per l’ottavo mese e a percepire l’indennità INPS dal nono mese fino al quarto mese successivo al parto. Infatti, ferme restando le conseguenze sanzionatorie a carico del datore che ha consentito la prosecuzione dell’attività in assenza di certificazione, la carenza del certificato non può determinare una contrazione dei diritti della madre, nemmeno quelli economici.

Sulla base di tale principio di diritto, affermato dalla sentenza n. 10180/2013 della Corte di Cassazione e ribadito a più riprese da successive pronunce, l’INPS si è vista costretta ad aggiornare le proprie istruzioni operative sulla gestione del congedo di maternità flessibile.

Il quadro normativo per il congedo di maternità

La possibilità della lavoratrice madre di utilizzare il congedo di maternità flessibile ovvero, ferma restando la durata complessiva del congedo pari a cinque mesi, di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, è stata introdotta originariamente dalla L. 53/2000 ed è ora disciplinata dall’art. 20 del D.Lgs. n. 151/2001. La stessa è condizionata alla circostanza che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arreca pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

Le prime istruzioni in materia sono state fornite dal Ministero del Lavoro, con la circolare 43/2000, ed hanno trovato conferma nella circolare INPS 152/2000 e nel successivo messaggio 13279/2007. Tali provvedimenti hanno stabilito che nelle domande di congedo di maternità era possibile esercitare la flessibilità trasmettendo all’istituto la certificazione redatta dal medico del SSN o convenzionato. Tale certificazione doveva necessariamente essere redatta nel corso del settimo mese di gravidanza. Le attestazioni non redatte nel corso del settimo mese, infatti, non consentivano di continuare l’attività per i giorni dell’ottavo mese successivi alla data di rilascio, comportando l’integrale respinta dell’opzione di flessibilità, con conseguente calcolo del periodo di maternità da due mesi prima del parto ai tre mesi successivi.

Analoghe indicazioni sono state fornite dalla successiva circolare INPS n. 148/2019, che ha disciplinato la diversa ipotesi di flessibilità di cui al comma 1.1 del novellato art. 16 del D.Lgs. n. 151/2001, che prevede la possibilità per la lavoratrice di astenersi esclusivamente dopo l’evento del parto ed entro i cinque mesi successivi allo stesso.

Tale assetto regolamentare, ora riformato, vedeva l’istituto previdenziale determinato nel rigettare le domande di flessibilità del congedo se l’attestazione sanitaria non era stata redatta nel corso del settimo mese di gravidanza. Ne conseguiva che la lavoratrice era considerata in congedo già dall’ottavo mese e poteva astenersi solo fino al terzo mese successivo al parto. In sostanza, nonostante la lavoratrice avesse lavorato, anche solo parzialmente, nel corso dell’ottavo mese di gravidanza, si vedeva autorizzata il congedo obbligatorio nella formula “due più tre” anziché “uno più quattro”. Ulteriore e inevitabile conseguenza era che l’INPS, in tali casi, riconosceva l’indennità

per quattro mesi e non cinque. Analoghe considerazioni, con slittamento in avanti di un mese, valevano anche per l’ipotesi di richiesta del congedo solo dopo il parto.

Gli obblighi di certificazione dopo le nuove istruzioni

La circolare n. 106/2022 dell’INPS, per porre fine al contenzioso, ha disposto che per la fruizione della flessibilità del congedo di maternità (uno + quattro) e per l’esercizio della facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento parto, non è più necessario produrre all’istituto la documentazione sanitaria che attesti l’assenza di pregiudizio per la salute della gestante e del nascituro.

Permane, invece, l’obbligo della lavoratrice di produrre tale documentazione sanitaria al datore di lavoro o, in caso di collaboratrice, al committente.

Il nuovo orientamento si applica anche alle domande già presentate e in fase istruttoria, nonché alle domande eventualmente definite in maniera difforme. In tale ultimo caso, per il riesame è necessaria la richiesta da parte della lavoratrice interessata, in via di autotutela, sempre che non sia intervenuta la prescrizione.

Con riferimento ai ricorsi amministrativi e ai giudizi in corso, le sedi territoriali INPS porranno in essere, in autotutela, le attività necessarie per la cessazione della materia del contendere.

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